Benozzo Gozzoli, Le triomphe de saint Thomas d'Aquin, 1471

dimanche 31 octobre 2010

Tavola sistematica delle tre figure della differenza ontologica

            Torniamo sui problemata che la metafisica deve risolvere per diventare, nel senso preciso del termine, la πιστήμη dell’ente in quanto ente. Abbiamo visto, l’11 ottobre scorso, che il destino di questa scienza che è pure sapienza dipende dall’intelligenza della coppia di esse – essentia, e che tale plesso metafisico fondamentale può ricevere tre configurazioni opposte fra di loro. Elenchiamo oggi i successivi «problemi» o aporie che sono organicamente legati al primo, e proponiamo una prima tavola sinottica delle tre grandi soluzioni che furono proposte nel corso del Novecento.

  1. Il primo problema, in ordine di dignità ed anche, in qualche maniera, di costruzione, è quindi quello del significato reciproco che assumono, nell’ente per partecipazione, l’atto di essere e l’essenza. La prima figura, cioè il tomismo formalista, concepisce lo esse come un atto meramente esistenziale  - pur concedendo che senza l’esistenza l’ente non è, e vede nell’essenza un atto correlato, di indole formale. Per la seconda figura, quella trascendentale, l’essere rimanda ad una pienezza di perfezione illimitata, che l’essenza, in maniera non esclusivamente, ma originariamente negativa, costringe entro un determinato limite. E per la terza figura, l’essere è un atto intensivo, ma non illimitato, dal quale l’ente attinge tutta la sua perfezione ontologica, attraverso la mediazione dell’essenza quale capacità o potenza correlativa, che misura appunto l’intensità dello esse.
  2. Ne risulta che il tomismo formale concede alla forma un ruolo attualmente specificante sullo stesso esse, sebbene in maniera subordinata alla sua stessa posizione nell’esistenza, mentre il tomismo trascendentale e quello intensivo capiscono la specificazione esercitata dalla forma in maniera non attuale, ma restrittiva. Il terzo riconosce poi alla forma un ruolo positivo di specificazione potenziale, mentre il secondo insiste di più sulla sua caratteristica limitante.
  3. Coerentemente, la prima figura postula un modo intermediario fra l’essenza e l’esistenza, di tal guisa che la prima, che è di per sé atto, diventi potenza prossima del secondo e lo faccia suo: così i due ordini si incontrano nel concreto del supposto. A rovescio, le due altre figure vedono nella sussistenza il risultato dell’attuazione dell’essenza da parte dello esse, e considera che non ci sono due «ordini» nell’ente, ma uno solo. Il tomismo intensivo enfatizza di più la consistenza del sussistente, mentre il tomismo trascendentale lo capisce piuttosto come fonte autonoma di energia ontologica.
  4. Per il tomismo formalista, ogni accidente ha un proprio esse, perché l’attualità di esistenza della forma accidentale non è quella della sostanza. Questa tesi viene rifiutata dai due altri tomismi. Il tomismo trascendentale vede nell’accidente un’espansione dello esse al di là della sostanza, anche se condizionata da quest’ultima. Invece, per il tomismo intensivo tale espansione c’è  - contro il tomismo formalista -, ma è mediata dalla sostanza, e si risolve il problema del plus ontologico, che non si può negare all’accidente, tramite la distinzione fra lo esse ut actus, che è unico, e lo esse in actu, che, dopo quello sostanziale, è molteplice nonché, nell’ente materiale, assoggettato al movimento.
  5. Le soluzioni date al problema dello statuto ontologico dell’operare sono analogicamente simili. La prima configurazione tende a capire l’essere dell’operazione in maniera assai estrinseca, poiché l’esistenza della sostanza e quella degli accidenti si limita, ogni volta, a fare esistere una determinata forma; perciò l’operazione è un’attualità ulteriore, che si aggiunge a tutte le precedenti. Nella seconda configurazione, la situazione è rovesciata, perché si coglie l’essere come energia ontologica (Sein ist Wirken, dirà Johannes Baptist Lotz, come vedremo); di conseguenza, l’operazione è come l’espansione massima dell’energia ontologica originaria, grazie alla quale il limite imposto dall’essenza sostanziale viene, per quanto sia possibile, superato. Per il tomismo di terza configurazione, la nozione chiave è, anche in questo caso, la partecipazione: partecipato in modo costituente dall’essenza sostanziale, lo esse, grazie alla mediazione della sostanza, positivamente e non dialetticamente valutata, viene partecipato ulteriormente dagli accidenti e soprattutto dalle operazioni.
  6. Dopo aver praticato una resolutio secundum rationem interna al supposto operante, la metafisica deve procedere ad una resolutio secundum rem, che risale dall’ente per partecipazione all’Essere per sé che è Dio, l’itinerario privilegiato di questo procedimento essendo la Quarta via di san Tommaso. Ma come interpretare la maggiore di questa via, secondo la quale «magis et minus dicuntur de diversis secundum quod appropinquant diversimode ad aliquid quod maxime est»[1]? Per la prima figura, il problema va spostato nella causalità, considerando che una perfezione graduabile e graduata non realizza pienamente la sua natura, per cui ha bisogno di una causa del proprio essere. Nella seconda figura, si considera che l’orizzonte dell’operare umano deve essere reale, perché deve fondare la realtà del nostro proprio cogito o facio, e non solo misurarlo in maniera intenzionale. E nel quadro della terza figura, si ripropone la partecipazione come chiave di lettura.
  7. Coerentemente, un’altra volta, con il modo di concepire l’atto di essere e l’essenza, la prima figura pone due linee di partecipazione fra l’ente creato e Dio creatore: una secondo la somiglianza, che ricollega l’essenza finita all’Idea divina; ed un’altra secondo la composizione, che ricollega l’esistenza specificata dall’essenza, e quindi composta con essa, allo Esse divino. Questo modo di pensare la partecipazione fu vigorosamente contestato dal maggiore teoretico della nostra terza figura, Cornelio Fabro, per il quale ogni partecipazione presuppone necessariamente una composizione di partecipante (l’essenza o il soggetto) e di partecipato immanente (l’atto di essere), ovviamente secondo la misura di partecipazione indicata dal partecipante, ma in maniera puramente potenziale. Su questo problema, il tomismo di seconda figura è più discreto, e tende a concepire la partecipazione secondo un modello dialettico, come posizione dell’atto di essere (con una certa enfasi sullo esse commune), negazione della sua pienezza da parte dell’essenza, e superamento della negazione grazie all’azione.
  8. Queste tre figure sono riconducibili a tre maniere di oggettivare lo ens primum cognitum. Nella prima figura, la dualità di ente e di essere si manifesta come quella di uno hoc concreto con la sua esistenza, che viene formalizzata perché concepita come reale o possibile, per cui abbiamo un «concreto formale». Per la seconda figura, lo ens si presenta originariamente al pensiero come la dualità di una formalità (uno εδος) e di un orizzonte (il Sein ossia lo ipsum esse), di modo che possiamo parlare di un «astratto trascendentale», dove il secondo qualificativo è preso nel senso moderno di condizione di possibilità. Secondo la terza figura, in opposizione alle due altre, lo ens è sì uno hoc concreto, ma considerato come fondato dal suo proprio esse, che non è un orizzonte anteriore, bensì l’atto di quell’ente[2]



I
II
III
1
esse /
essentia
atto esistenziale
attuante
un atto formale
essere per sé illimitato
limitato
da una potenza limitante
atto di essere intensivo
attuante
una potenza recettiva
2
forma /
esse
causalità specificante
attuante
della forma sullo esse
specificazione
limitante
della forma sullo esse
specificazione
«potenzializzante»
della forma sullo esse
3
principio
di sussistenza
terza entità
che chiude l’essenza
e la rende atta allo esse
possesso
dello esse come energia
da parte dell’ente
risultato
della recezione dello esse
da parte dell’essenza
4
esse
dell’accidente
esse dell’accidente
diverso
dallo esse sostanziale
lo esse come energia
si espande in accidenti
oltre il limite essenziale
«esse in actu»
dell’accidente partecipato
dall’unico «esse ut actus»
5
esse
dell’operare
atto operativo
estraneo
allo esse sostanziale
lo esse come energia
si espande in operare
oltre il limite essenziale
«esse in actu»
dell’operare partecipato
dall’unico «esse ut actus»
6
perno
della IVa via
ciò che è graduato
non esiste per sé,
ma per un altro
l’ente intenzionale reale
richiede la realtà
dell’essere orizzonte
ciò che è per partecipazione
è causato
da ciò che è per essenza
7
rapporto
partecipativo
due partecipazioni:
 formale per somiglianza,
reale per composizione
una partecipazione:
posizione, limitazione,
superamento
una sola partecipazione
per composizione
dello esse con una misura
8
primum
cognitum
concreto / formale:
il questo /
l’esistenza come forma
astratto / formale:
l’eidos /
lo esse come orizzonte
concreto / trascendentale:
il questo /
lo esse come atto


Se la Providenza ce lo consente, cercheremo di esplicitare passo dopo passo i singoli momenti di questa tavola.


[1] ST I, q. 2 a. 3c.
[2] Sui tre modi di teorizzare l’ente, cf. C. FABRO, La prima riforma della dialettica hegeliana, § 92, EDIVI, Segni 2004, 235-236.

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